La frana del piano regolatore
(documento preparatorio dell'iniziativa pubblica di sabato 29 maggio)
La revisione del piano regolatore è stato uno dei punti di forza del programma elettorale di Appendino nella campagna elettorale che l’ha vista vittoriosa nel 2016: allora erano da poco passati vent’anni dalla stesura del PRG tuttora vigente; quale modo migliore dunque per rivendicare uno strappo con le precedenti amministrazioni, se non quello di immaginare e “progettare” una città diversa?
Dopo una prima delibera del 3 aprile 2017 a firma dell’allora vicesindaco ed assessore all’urbanistica Montanari (1), poi licenziato, nulla succede fino a quando, dopo l’avvio dell’iter istituzionale a luglio 2020, a settembre dello stesso anno, con un trionfale post sulla pagina Facebook del M5S Torino, si annuncia l’avvio dei lavori per la revisione del PRG della Città.
Si parte quindi: viene aperta un’apposita pagina web sul geoportale del comune di Torino (2), perché si cerca la “partecipazione” della cittadinanza, ma in realtà il sito contiene numerosi documenti di carattere tecnico difficilmente accessibili e comprensibili per le conoscenze medie del/della “cittadini”, ed il calendario di una serie d’incontri di presentazione nelle varie circoscrizioni indica spesso orario e giorni lavorativi (3)… non un granché se l’intento era coinvolgere e dialogare con la popolazione della città!
L’impatto è deludente: malgrado nel documento programmatico siano citate come obiettivi la crescita non solo del PIL della città, ma anche del suo livello di vivibilità (il cosiddetto BIL, cioè il “Benessere Interno Lordo”), la salvaguardia dell’ambiente ed una crescita armoniosa, se si scende più nello specifico ci si accorge che la proposta di revisione ha un ben altro obiettivo.
Nelle tavole di azzonamento si scopre che “terreni liberi” vengono trasformati in zone edificabili oppure spariscono le destinazioni d’uso sociale, sanitario, come nel caso dell’ospedale Maria Adelaide, chiuso 5 anni fa (4). Proprio rispetto alla sanità la revisione conferma il via libera definitivo al mega progetto del cosiddetto “Parco della Salute”, nonostante nella stessa maggioranza che appoggia la giunta Appendino ci siano delle voci discordanti (5). Grande spazio viene dedicato al centro città, sostanzialmente per riconfermare le linee guida del piano di 25 anni fa (6), ma non vi è neanche un paragrafo sulle zone periferiche, mentre quando si giunge al capitolo sull’emergenza abitativa viene dichiarata l’intenzione di non investire se non con operazioni miste pubblico-private (7). Quindi nessuna nuova casa popolare, ma piuttosto largo al privato per studentati, RSA e residenze temporanee sociali (co-housing).
Tutto ciò ovviamente inseguendo ancora quella previsione di un forte sviluppo del cosiddetto Terziario Superiore e dello sfruttamento delle aree industriali dismesse (dalle aree FIAT alle enormi aree ferroviarie liberate dall’interramento dei binari) valorizzandone la rendita fondiaria.
Viabilità e trasporti continuano invece a essere incentrati sulla visione di una città fatta a misura di automobili, in cui l’ipotesi di pedonalizzazione del ponte di piazza Vittorio non punta a ridurre il movimento automobilistico che attraversa il centro città, bensì alla costruzione di un nuovo ponte dal fondo di Corso San Maurizio fino al Parco Michelotti (8).
Di fronte ad un tale scempio di piano, che contribuisce a spingere sull’acceleratore dell’impoverimento della città, e nonostante le difficoltà imposte dalla situazione sanitaria, diversi soggetti (comitati, associazioni, collettivi) sollevano obiezioni al progetto di revisione, ed iniziano a far sentire la propria voce nei vari incontri di presentazione organizzati dal Comune.
Non solo, ma iniziano anche a organizzare incontri pubblici proprio sulla questione del PRG, che daranno alla luce il coordinamento cittadino denominato “La Torino che Vogliamo”; il quale a sua volta darà vita ad un primo momento di piazza il 19 dicembre 2020, giorno in cui i movimenti che lo costituiscono organizzano un’assemblea pubblica proprio sotto il Comune, per ribadire l’elenco delle obiezioni alla proposta.
In questo contesto, anche la questione del TAV torna per l’ennesima volta alla ribalta: l’assessore Iaria e la sua maggioranza M5S l’avevano furbescamente ignorata nella Revisione del PRG, ma essa viene riproposta senza equivoci nella Conferenza di Copianificazione conclusa il 17 dicembre 2020, in cui il parere vincolante della Regione Piemonte ribadisce che il piano deve in ogni caso essere predisposto per accogliere le misure necessarie alla realizzazione della mega opera Torino-Lione (9). Tuttavia, a quella stessa Conferenza partecipano diversi soggetti facenti parte del coordinamento suddetto, perché presentatori di osservazioni (come previsto dall’iter istituzionale) motivate e documentate contro i diversi aspetti non accettabili di quella revisione, tra i quali la stessa realizzazione del TAV.
Da allora: silenzio. Se avessero voluto, in questi tre mesi avrebbero potuto contro dedurre alle osservazioni e presentare la Delibera di Revisione del PRG, ma avrebbero dovuto dire chiaramente Sì al TAV. Un Sì “indigesto” al M5S. In realtà è l’idea stessa della revisione del PRG del 1995 che ha portato l’Amministrazione al nulla di fatto attuale. Quel PRG è strutturato in funzione dello sfruttamento della rendita fondiaria e dei 10 milioni di mq di suolo reso libero dalle dismissioni industriali.
Non c’è revisione o aggiustamento che tenga. Iaria ha tutto l’interesse a scaricare le responsabilità su Montanari, ma non va lontano. Occorre un progetto totalmente nuovo. (10)
Ora, noi non crediamo sia necessario festeggiare il fallimento del progetto, o pensare che da domani si bloccheranno le speculazioni in città: anzi. È nostra convinzione che Torino ha bisogno di un nuovo piano regolatore, proprio per chiudere il capitolo del PRG datato 1995 e le sue innumerevoli (oltre 500) varianti speculative, indirizzando quindi la città verso uno sviluppo vero e moderno in quanto alternativo all’esistente. La sua revisione ideata dall'assessore Montanari e proseguita dal suo successore Iaria non è nulla di tutto ciò, anzi aggrava invece l'impostazione del vecchio PRG favorendo esclusivamente il solito partito del mattone. Perciò valutiamo in ogni caso positivamente il blocco del procedimento, perché può segnare l’inizio della rivendicazione di un’altra città, la Torino che Vogliamo!
Un modello da abbandonare: il magico evento
Torino ha subito una notevole trasformazione: agli inizi degli anni 80 era ancora notevole il tessuto produttivo presente in una città che aveva ancora tutte le caratteristiche “fordiste”, oggi invece ben poco di quella città rimane.
Abbiamo già citato il piano regolatore del 1995 come un elemento fondante di queste politiche di trasformazione: originariamente esso favorì la rendita fondiaria derivante dall'edificazione di palazzi per abitazioni e uffici in oltre 6.000.000 di mq in aree industriali dismesse, che ammontano in totale a 10.000.000 di mq. Il nuovo millennio portò invece anche a Torino l'epoca dei “grandi eventi” e lo sfruttamento capitalistico del territorio si accelerò: ne sono stati realizzati diversi in questi anni, certamente il più famoso (e dannoso visto che ne paghiamo ancora oggi i danni ambientali ed economici) è stato quello delle Olimpiadi invernali del 2006.
Il “grande evento” ha un suo “palinsesto” e funzionamento ben preciso e avulso da qualsivoglia luogo fisico, in modo da poter essere calato efficacemente in ogni luogo reale. Quando il grande evento arriva, è esso a dominare e decidere investimenti, trasformazioni urbane, cementificazioni e lavoro temporaneo, non il contrario. Abbiamo mai pensato seriamente per un momento che un Chiamparino sindaco di Torino potesse trattare la realizzazione delle Olimpiadi da pari a pari con Rogge, l’allora presidente del CIO?
In questo senso abbiamo definito il grande evento come l’evento magico, per la sua logica pervasiva che porta all’accettazione - come unico e inevitabile – del sistema capitalistico di organizzazione della società. Con la sua sola apparizione oscura stravolge progetti, norme, prassi e leggi preesistenti (anche per le future Olimpiadi Milano Cortina del 2026 è già stata confezionata un’apposita legge). La tentazione di ospitarne uno è sempre forte e l’élites di Torino stanno tentando la scalata alle Universiadi 2026.
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Insieme al grande evento, proviamo qui a elencare e sottolineare gli strumenti e le strategie utilizzate sia per smontarne la narrazione sia per costruire appunto opposizione.
Rendita finanziaria: malgrado l’immagine di flessibilità e innovazione di cui si ammanta, il neoliberismo è ancora fortemente legato alla rendita fondiaria urbana, leva potentissima per le più spericolate speculazioni finanziarie. Anche a Torino in questi 40 anni abbiamo visto sorgere grattacieli, complessi commerciali e abitativi che poi restavano vuoti o abbandonati.
Una grossa mano in questo senso è stata data con la già citata svendita delle proprietà pubbliche, cui hanno fatto ricorso tutte le amministrazioni pubbliche, dai ministeri agli enti locali, per far fronte alla “colpa del debito”. In città inoltre continuano a permanere i famigerati “palazzinari”, veri e propri “latifondisti”, in quanto monopolisti del settore, che mantengono vuote circa 60.000 case, appartamenti e soffitte per tenere artificiosamente alti i prezzi degli affitti e degli acquisti. (11)
Città manager: il pensiero neoliberista utilitaristico e individualistico è stato il mantra della dismissione, imposta dalla fine degli anni 80, delle aziende di servizi pubblici (trasporti, servizi ambientali etc.) ormai gestiti a fini finanziari speculativi. Quel modello oggi si è impossessato anche della progettazione stessa della città, vista come luogo dell’autoaffermazione e della competizione in cui il cittadino pienamente consapevole delle proprie capacità e delle proprie possibilità soddisfa le sue ambizioni. Torino è diventato quindi un luogo privo di qualsiasi spazio per concetti quali comunità, solidarietà e vivibilità, e soprattutto senza connotati di classe.
Valutazione o Valorizzazione?: ogni azione di pianificazione della città e in città deve passare per una valutazione sostanzialmente economica, che elimina o semplicemente prevale su qualsiasi altra riflessione. Così un nuovo spazio verde è giudicato positivamente solo quando aumenta il valore economico dell’area e non quando semplicemente porta una vivibilità migliore per chi abita la zona.
Città brand: le politiche sono volte alla costruzione di un’immagine di città capace di attivare i capitali esteri (soprattutto finanziari – immobiliari). Quando ci si occupa di “immagine” però i fabbisogni “reali” spariscono e vengono accantonati per far apparire il territorio il più accogliente possibile per ogni tipo di investimento speculativo. Il caso di Milano è all’avanguardia in questo senso, ma anche Torino ha puntato sulla costruzione di un’immagine pubblica dinamica ed efficentista che cancella in un colpo tutti i bisogni delle periferie. Ai fini del modello di “città brand”, non si contrappone allo spietato PIL il cosiddetto ‘BIL’ citato prima, bensì il BES (Benessere Equo Sostenibile), un indice istituzionale che indicherebbe il livello di armonia tra umanità e natura (emblema di questo travisamento è il, purtroppo famoso, “Bosco Verticale”).
Flessibilità: in 25 anni di vita l’attuale piano regolatore ha subito più di 500 varianti, ovvero modifiche e revisioni parziali. La maggior parte di queste sono state fatte su precisa richiesta di privati per avallare le loro stesse speculazioni! Il neoliberismo ha puntato il dito contro la burocrazia che blocca lo sviluppo economico: in realtà siamo di fronte alla più grande opera di deregulation della storia recente, volta a demolire la programmazione e la pianificazione, nemiche del libero mercato. La deroga è diventata la norma.
La città securitaria: secondo l’OMS la tutela della sicurezza e dell’incolumità sono una precondizione per uno stato di totale benessere psico-fisico. Questo dettame medico, ripulito dei suoi contenuti socio- sanitari, è stato utilizzato da teorici e politici neoliberisti per espandere in ogni campo ed oltre ogni misura la sorveglianza tramite la tecnologia (le telecamere ovunque sono solo l’aspetto più visibile della vicenda). A pagare il prezzo sono soprattutto le fasce più deboli e disagiate: la retorica del “decoro urbano” a vantaggio della gentrificazione completa il quadro, mentre la vivibilità della città non ne trae alcun beneficio.
La ‘Torino che vogliamo’: riprendiamo la parola!
Il quadro fin qui descritto non pare dare molte prospettive di cambiamento, ed è proprio questo uno dei motivi che ci ha spinto ad opporci al progetto di revisione del PRG proposto dalla giunta Appendino.
La nostra prima richiesta è quindi quella di avere un vero e nuovo piano regolatore della città, che ne “pianifichi” lo sviluppo mettendo fine alle centinaia di varianti e deroghe, che in questi ultimi 25 anni sono state una delle armi utilizzate per cementificarla.
Siamo convinti che un nuovo piano debba partire dai bisogni reali di Torino: basta città “smart” sempre in vendita e pronte ad ammiccare a ogni investitore edilizio o grande evento, abbiamo bisogno di rispondere alle emergenze sociali della nostra città e dare respiro a uno sviluppo differente, che sappia recuperare anche le proprie vocazioni produttive.
Chi verrà eletto sappia che se vorrà riprendere il lavoro interrotto dalla giunta Appendino troverà le stesse obiezioni formali che già abbiamo presentato, e la stessa volontà di cambiamento nelle piazze della città.
Le lotte oggi in corso per la riapertura dell’ospedale Maria Adelaide e per l’apertura di un parco in quartiere Parella non sono solo delle resistenze alla cementificazione, alla svendita del patrimonio ed alla scomparsa dei servizi pubblici locali, ma mostrano come la città si sia stancata delle riqualificazioni neoliberiste.
Il futuro di queste due aree, infatti, per quanto distanti chilometri, è strettamente collegato perché sono state entrambe proposte dal Comune per costruire edifici destinati all’evento delle Universiadi 2025, ma chi vive quelle zone la pensa molto diversamente!
Ora noi sappiamo perfettamente quali meccanismi farebbe scattare l’evento delle Universiadi: seppur in piccolo rispetto alle Olimpiadi, vedremmo nuovamente l’amministrazione della città inseguire ogni desiderio degli organizzatori. Affinché prevalgano invece le richieste della cittadinanza, è necessario aprire quindi una nuova partita generale sull’ennesimo grande evento.
Pensiamo che la scelta della candidatura di Torino, anche restasse l’unica in campo, debba essere contrastata, ben sapendo di “cantare fuori dal coro”, viste le forze che si sono finora proposte per governare Torino nel prossimo futuro. Infatti, nessuna di loro è capace di rispondere ai bisogni popolari (quali che siano i contesti locali di alleanza o competizione elettorale), com’è del resto evidente nell’attuale quadro politico nazionale; perciò le/i cittadini si autorganizzano e lottano: e questo ci pare proprio un ottimo punto di partenza!
(1) http://www.comune.torino.it/cittagora/primo-piano/verso-la-variante-generale-al-piano-regolatore-di-torino.html
(2) http://geoportale.comune.torino.it/web/revisione-del-prg-proposta-tecnica-del-progetto-preliminare-ptpp
(3) http://geoportale.comune.torino.it/web/sites/default/files/mediafiles/incontri%20PTPP%20variato.pdf
(4) http://www-portale-coto.territorio.csi.it/web/tavole-di-piano
(5) http://www-portale-coto.territorio.csi.it/web/relazione-illustrativa-generale-e-scheda-quantitativa-dei-dati-urbani (p. 44)
(6) http://www-portale-coto.territorio.csi.it/web/relazione-illustrativa-generale-e-scheda-quantitativa-dei-dati-urbani (p.139)
(7) http://www-portale-coto.territorio.csi.it/web/relazione-illustrativa-generale-e-scheda-quantitativa-dei-dati-urbani p.154
(8) http://www-portale-coto.territorio.csi.it/web/relazione-illustrativa-generale-e-scheda-quantitativa-dei-dati-urbani pag. 148 punto 10.
(9) http://geoportale.comune.torino.it/web/allegato-11-osservazioni-regione-piemonte-prot-n-3812-del17.12.2020
(10) Come riconosciuto ufficialmente dallo stesso Iaria intervistato da “La Stampa”: anche se posticipate a ottobre, le prossime elezioni compromettono l’iter della sua approvazione, ancora fermo alla prima fase relativa alla Proposta Tecnica di Progetto Preliminare (mentre, appunto dopo la valutazione delle osservazioni, quest’ultima avrebbe dovuto trasformarsi in Proposta Preliminare di Revisione la cui approvazione l’avrebbe resa vincolante per la giunta successiva). Non c'è revisione, aggiustamento o scaricabarile che tenga: occorreva ed occorre un progetto totalmente nuovo, la revisione è fallita
(11) webthesis.biblio.polito.it/11475/1/tesi.pdf: interessante anche perché l’autore è uno dei giovani universitari chiamati dal Comune a collaborare alla Revisione del PRG.
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